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PROGETTO “PG10 RADIO SCOUT”

Un mezzo per coltivare e riscoprire la propria identità, per educare ed educarsi all’ascolto e all’espressione del meglio di sé


Il contesto: confinati in casa. Che fare?

L’emergenza sanitaria Covid-19  ha costretto le persone a rimanere confinate in casa isolandole da tutti i propri contesti di vita sociale: la scuola, il lavoro, la parrocchia ma anche parti importantissime lo sport, il tempo libero vissuto con gli altri, le attività educative. E infine lo scoutismo. Le famiglie ora sono chiuse in sé stesse, tutta la vita si svolge all’interno delle mura domestiche e i nostri ragazzi con loro. I ragazzi dentro casa e fuori un silenzio assordante.

Di tutto quello che prima appariva normale, scontato se non addirittura abitudinario, oggi se ne sente una mancanza angosciosa.


Come rompere il silenzio e la solitudine? Come recuperare una dimensione sociale in assenza di contatti fisici, visivi, concreti, reali? Come seguire il fluire della vita rimanendone isolati?

Tolta la “scorza” visibile, gli elementi materiali e tangibili cosa rimane di una persona?


Rimane la parola, scritta o parlata che sia.


L’uomo è un animale sociale anche perché è un animale parlante. Che parla di sé e degli altri, che parla a sé e agli altri. E parlando si relaziona, attraverso le parole si crea delle relazioni, crea il suo mondo.

La parola è il livello più astratto e intangibile della relazione, è il ponte che collega (oppure divide) con l’altro da sé, con il proprio simile.


Quale servizio educativo allora si può svolgere? Cosa si puo' fare con tutte queste limitazioni “con” la propria, ma soprattutto “per” la propria comunità?

Ridare vigore a un metodo educativo così concreto e materiale come lo scoutismo in un contesto come quello odierno condizionato e determinato dalla pandemia è oggi una sfida educativa davvero impegnativa da affrontare e poi vincere.


La proposta: usare le parole e riscoprire la Parola


E’ sotto gli occhi di tutti come oggi le tecnologie odierne ci offrono la  possibilità di  relazionarci in maniera globale e immediata indirizzando a un pubblico grande come il mondo tutto il nostro  bagaglio e microcosmo di valori, le cose che ci abitano e muovono il cuore e la mente.

Tutto può essere e tornare ad essere comunicato, condivise, discusso, capito, modificato, trasmesso. Insomma, è  grazie alla parola che si può rimanere persone attive, partecipi, umani e una comunità educante può riscoprire, rafforzare, far crescere, diffondere e testimoniare valori e metodi del tutto nuovi il proprio senso di appartenenza. La lontananza e la chiusura non sono più degli ostacoli. Anzi.


Questa difficoltà può trasformarsi in una irripetibile opportunità, una vera propria palestra per l’anima e la mente, per imparare l’ascolto e donare il meglio di sé. Che poi, alla fine, è quello che finisce per rimanere “dentro di sé”, sconosciuto agli altri che - nonostante adesso siano non-visibili continuano a essere presenze viventi al proprio fianco.


E così la voce delle parole che ritornano a sostanziare le relazione tra le persone fa risuonare l’“Effatà” per riscoprire il valore delle parole trasmesse e ricevute, scambiate e meditate, perché è la parola che ci fa pienamente uomini perché la parola mette in relazione sé stessi con qualcuno che è altro da sé, ma anche con l’Altro.

E’ Dio stesso che si presenta come Parola vivente, la natura divina non si definisce con le parole perché è essa stessa Parola: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,1). Non può esserci alcuna relazione spirituale tra Creatore e creatura, tra un Padre e i suoi figli che non origini e si sostanzi in dapprima in parole e poi in gesti e azioni concrete. Tutta la vita spirituale inizia dalla Parola e in essa si fonda (E Dio disse… In verità vi dico) parola che feconda la vita e dà sostanza e che a Dio ritorna a Dio come preghiera e all’uomo come annuncio, come Buona Novella.


Per questo una comunità educante ai valori della cittadinanza attiva e della fede può oggi scegliere di non adeguarsi e “acquietarsi” nel silenzio e scegliere di non tacere per riscoprirsi e rafforzarsi, attraverso le parole che creano relazioni, nella propria più profonda identità e nei propri valori fondanti, fino giungere a vivere la Parola, a trasformarla in un atto di ringraziamento filiale.


Il mezzo: la radio, una voce che rompe il silenzio mettendo insieme tutte le voci di una comunità educante


La scelta della radio come strumento di aggregazione per dare la parola, raccogliere, elaborare e trasmettere le parole di una comunità deriva dal fatto che:

- si può grazie alle tecnologie digitali realizzarla rimanendo ognuno a casa propria facendo lavorare per l’organizzazione e la preparazione dei contenuti le persone (e i ragazzi per chi vuol fare educazione) da località fisiche diverse e lontane e dall’altra parte permettendo di raggiungere tante persone anch’esse distanti nello spazio ma anche nel tempo, grazie alla possibilità di mettere a disposizione i contenuti in ogni momento attraverso la rete con il podcasting;

- rappresenta un mezzo con cui i partecipanti hanno già facilmente familiarità;

- è uno strumento di comunicazione “caldo”, in cui tutti si possono ritrovare e a cui tutti possono avere accesso e tutti possono avere voce;

- contrariamente ad altri mezzi di comunicazione, come cinema o televisione, la radio risulta molto meno artefatta e riconosce nella spontaneità e nella creatività attraverso le parole un elemento chiave del suo successo;

- il fatto di non necessitare di sovrastrutture la rende maggiormente accessibile a tutti;

permettendo di trattare argomenti di diretto interesse dei partecipanti aumenta il loro coinvolgimento emotivo, li spinge ad aprirsi esprimersi, comunicare.


Per riassumere, tre citazioni importanti:

- La radio è il teatro della mente (Steve Allen)

- In radio tutto quello che dici ha un significato importante, perché chi ti ascolta dispone soltanto della tua voce e non viene distratto dalle immagini (Rosario Fiorello)

- Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case ti parla direttamente... È che con la radio non si smette di pensare (Eugenio Finardi)

Il progetto radio: Chi siamo
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